IL SECOLO ADDOSSO
RIFLESSIONI POST LETTURA SU “I BUDDENBROOK – DECADENZA DI UNA FAMIGLIA” DI THOMAS MANN
La lettura de – I Buddenbrook – Decadenza di una famiglia di Thomas Mann (edito dalla Newton Compton editori s.r.l. Roma, 1992 – Biblioteca Economica Newton al prezzo di 3000 lire) è stata una vera piacevolezza. La letteratura sa dare quella dimensione in più che nessun mezzo può sostituire, quella percezione dell’animo del personaggio, quella condivisione di sensazioni tra realtà letteraria e la propria vita vissuta, tramite l’onnipresenza palpitante dello scrittore narratore, che in questa opera sente tutto il peso del secolo che gli sta piombando addosso.
Leggendo ho fatto spesso dei parallelismi con il verismo siciliano, con Il Ciclo dei vinti di Verga e con il Ciclo degli Uzeda di De Roberto. Ad esempio come la micro storia del romanzo si incastrava con la macro storia di quell’epoca. Anche i Buddenbrook in fondo sono dei vinti, così anche il destino è stato l’artefice della loro sconfitta. Fa da padrone in tutti l’influenza di Emile Zola.
A Birkenfeld hanno istallato una vetrina con due manichini con abiti del XIX secolo che mi hanno richiamato alla mente i Buddenbrook: Tom e Tony.
Il romanzo tratta di una storia borghese, quindi spesso i personaggi hanno atteggiamenti imposti dal loro ruolo in famiglia che in società. I Buddenbrook sono dei commercianti di successo, nonostante la loro decadenza è segnata dal logorio delle loro persone che lentamente si esauriscono perché il loro esistere è un continuo logorio del vero se stessi tenuto sotto il ruolo assegnato. L’azienda decade insieme al suo titolare, simile alla terra che s’inasprisce con il malessere del proprio re.
Il libro ha una meravigliosa introduzione “Omero rinasce a Lubecca” di Alighiero Chiusano, il quale distingue le influenze di Mann in due correnti: la calda, avuta dalla madre mezzo brasiliana, e la fredda, avuta dal padre. Chiusano asserisce che l’Autore è stato caratterizzato maggiormente dalla teutonica, per la disciplina. Il padre muore e di seguito la sua azienda, quando l’Autore aveva sedici anni, finendo così il periodo di Lubecca. Dal 1893 Thomas si trova, con la famiglia a Monaco, dove già inizia la sua attività di scrittore con “Gefallen” e come giornalista satirico. E’ sorprendente la concentrazione di artisti e la conseguente vitalità culturale ed artistica di Monaco in questo periodo storico.
Il libro esce nel 1901 con tutto il secolo addosso pesante dove rivengono considerati i rapporti umani e storici individuali con il Mondo. E non si può che rimanere schiacciati come il piccolo Hanno, l’ultimo della discendenza Buddenbrook. Così scrive nella sua introduzione Chiusano, sulla morte del giovane Hanno, a pagina X: “(…) lo spegnersi di quell’enorme, cosmica distrazione del Nulla che ha nome Vita?”.
Sottolineature
Pagina 4: “Nel corso degli anni i suoi lineamenti erano diventati stranamente simili a quelli del marito.”
Pagina 5: “Se è un colpo a caldo (…) allora cade il fulmine. Se è freddo invece cade il tuono.”
E’ una asserzione della piccola Tony di fronte al nonno, che lo irrita perché detesta che i bambini abbiano idee bizzarre, “stupidaggini”.
Pagina 8: “Esteriormente, mio caro ragazzo, esteriormente sei liscio e leccato, ma interiormente, mio caro ragazzo, tu sei nero…”.
Pagina 23: “E la nostra indipendenza?”
Si tratta dell’Unione Doganale prussiana (Zollverein) attuata nel 1834 per creare un maggiore flusso commerciale tra i 38 stati della Confederazione Tedesca.
Pagina 34; 293: “O figlio, poni tutto l’animo nei tuoi affari di giorno, ma concludi solo quelli che ti consentono di dormire tranquillo di notte”.
Pagina 40: “scienza e allegria non si escludono a vicenda”.
Pagina 49: “significativa differenza tra ‘linea’ e ‘segmento’”.
Pagina 72: “Chi guadagna è rispettato.”
Pagina 77: “il materasso è di crine vegetale.”
Ricordo ancora fino a quando ero ragazzino che vi erano delle macchine in legno come delle cabine con una grande leva che servivano per filare il crine, con il quale si riempivano i materassi naturali completamente. E con il grande caldo della Sicilia questi materassi riuscivano a tenere la temperatura del corpo abbastanza fresco ed arieggiato. Poi l’industria e il consumo ha avuto il sopravvento con un prodotto più dannoso per la salute e meno qualitativo.
Pagina 84: “cercava di fare qualche gesto, vide da sé che erano impacciati e ci rinunciò.”
Mi ha ricordato le scene delle pellicole hollywoodiane, a volte ripetute fino alla nausea.
Pagina 86: “Rimasero a lungo in silenzio mentre il mare risuonava verso di loro calmo e lento… e Tony credette d’improvviso di essere unita a Morten in un grande, indefinibile, incredibile e nostalgica comprensione di ciò che significava libertà.”
Pagina 90: “una tua strada irregolare e arbitraria.”
Il peso della morale borghese che schiaccia il significato di libertà della protagonista segnandola comunque nel fatalismo della sconfitta e del fallimento.
Pagina 95: “Ma io non voglio proprio dimenticare! (…) Dimenticare… è forse una consolazione?!”
Pagina 97: “un rispetto quasi religioso dei fatti: perché non erano forse anche le minime cose volontà e opera di Dio, che guidava mirabilmente la storia della famiglia?…”
Pagina 97: “lo spazio vuoto a fianco.”
Pagina 110: “Uomo non educato dal dolore rimane sempre bambino!”
Pagina 110: “era come una pantera!”
E’ il giovane proletario che infrange una vetrina di un negozio per i moti rivoluzionari del 1848. Questo animale viene spesso utilizzato come metafora o similitudine per i rivoluzionari.
Pagina 112: “La rivoluzione era giunta sotto le finestre della sala del consiglio!”
Pagina 116: “Vogliamo un altro ordine,”
Pagina 118: “la rivoluzione a Berlino è stata preparata ai tè dei filosofi… Poi il popolo è sceso in lotta, rischiando la pelle…”
Pagina 125: “un titolo lo si tiene solo finché cresce… quando comincia a scendere, lo si vende…”
Pagina 126: “Lei ha una coscienza da cane del macellaio”.
Pagina 130: “bancarotta … era peggio della morte, era tumulto, crollo, rovina, vergogna, disonore, disperazione e miseria…”
Pagina 155: “la brama di render schiava la fortuna”.
Pagina 160: “Bruscamente si fece serio: così di sorpresa, come se una maschera gli fosse caduta dal volto”.
Pagina 169: “e per una lunga ora le catechizzava.”
Pagina 169: “con tutta l’indulgente, amorevole e pietosa superiorità degli umili di fronte ai signori che cercano la salvezza.”
Pagina 178: “diabolicamente buono”
Pagina 184: “vasto tempio delle agapi con le immagini degli dèi.”
Pagina 185: “c’è il cattolicesimo; io lo odio, come sapete, e ne ho una pessima opinione… (…) sono molto contenta che Tony resti fedele alla religione degli antenati e disprezzi le stupidaggini dei non evangelici.”
Pagina 186: “Sopra la fontana (…) che posso vedere dalla mia finestra, c’è una Madonna che a volte viene incoronata e la gente del popolo s’inginocchia e recita il rosario; è molto bello a vedersi, ma è scritto nel Libro: -Ritirati nella tua cameretta!-. Spesso si vedono dei frati per strada, hanno un aspetto molto venerando. (…) mi è passato accanto un alto prelato in carrozza, forse si trattava di un arcivescovo, un uomo d’età, insomma; beh, quel signore dal finestrino mi ha lasciato un’occhiata come fosse un tenente della guardia! Sai bene, mamma, che io non stimo molto i tuoi amici, i missionari, i pastori, ma TRieschke il piagnucolone non è niente in confronto a questo suitier, principe della Chiesa…”
Pagina 190: “Disprezza così tanto il fratello da non permettergli di amare ciò che lui stesso amava.”
Pagina 216: “Non si parla che della bomba di Orsini… Terribile. Sulla strada per l’Opera…”
Tratto dalla nota n°532 de L’ultimo degli Uzeda:
Orso Teobaldo Felice Orsini nato a Meldola il 10 dicembre 1819 morì ghigliottinato a Parigi, 13 marzo 1858. Fu uno scrittore, noto per aver causato una strage, nel tentativo di assassinare l’imperatore francese Napoleone III. La sua bomba, prese appunto il suo nome, fu conosciuta negli ambienti anarchici. L’innesco era a mercurio fulminante, riempite di chiodi e pezzi di ferro. Il suo testamento, forse autentico fu utilizzato come strumento di propaganda per l’intervento francese nella penisola italica. Finiva in questo modo: “Sino a che l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella Vostra non saranno che una chimera. Vostra Maestà non respinga il voto supremo d’un patriota sulla via del patibolo: liberi la mia patria e le benedizioni di 25 milioni di cittadini la seguiranno dovunque e per sempre.”
Pagina 231: “c’è un limite nella vita (…) dove la paura dello scandalo comincia a chiamarsi vigliaccheria”.
Pagina 232: “Come? E’ vergogna e scandalo nella vita solo quello che la gente viene a sapere? Oh, no! Lo scandalo segreto, che ti rode in silenzio e distrugge il rispetto di te stesso, è molto peggio!”
Pagina 254: “Era spinto in avanti, senza pace. (…) Chi è felice rimane dov’è.”
Pagina 261: “il bene viene sempre troppo tardi, diventa realtà troppo tardi, quando non si è più capaci di goderne (…) Si ha l’età che si sente di avere. E quando il bene desiderato giunge lento e tardivo, è accompagnato da tutte le piccinerie, le noie, le contrarietà, da tutta la polvere della realtà, che non era stata prevista dalla fantasia, e che irrita… irrita…”
Pagina 261: “Una forza segreta e indescrivibile”
E’ quella forza che in alcuni momenti della vita ti fa fare sempre la cosa giusta.
Pagina 262: “La ragione non è il massimo su questa terra!”
Pagina 265: “La breve pace del ‘65”
La politica dell’abile e geniale Bismarck allo scopo di realizzare la grande Confederazione della Germania mirando all’esclusione dall’impero austriaco ed alla realizzazione di un sentimento nazionale tedesco.
Pagina 265: “quando né dovere né colpa osano metterci le mani addosso, quando ci è permesso vedere, sentire, ridere, meravigliarci e sognare senza che il mondo ci chieda dei servigi (…) Ahimè, non passerà molto, e con pesante prepotenza tutto ci piomberà addosso per violentarci, esercitarci, allungarci, scorciarci, rovinarci…”
Pagina 273: “C’era la storia di un uomo che nel sonno ingoia un topo e quindi corre dal veterinario, che gli consiglia di ingoiare anche un gatto…”
Pagina 297: “e si affrettò a salire lo scalone.”
Pagina 319: “Io credevo… credevo… che dopo non venisse più nulla…”
Il piccolo Hanno mette due linee traverse sul libro di famiglia e prende uno schiaffo dal padre e così il bambino profetizza il destino della famiglia.
Pagina 321: “un –vecchio- che –chiedeva del bambino- (…) avvolto in una lunga pelliccia con il pelo all’esterno, coperto di polvere d’oro e fiocchi di neve, un berretto uguale, il suo viso tinto di nero e una straordinaria barba bianca che come le sopraciglia era eccessivamente folta e striata di fili d’argento (…) quel sacco – sulla spalla sinistra – conteneva mele e noci destinate ai bambini buoni che sanno pregare, che però quella verga – sulla spalla destra – era destinata ai bambini cattivi… Era San Ruperto.”
Pagina 336: “-Parla con sincerità, credi ancora alla sua innocenza?
-Come potrei? Proprio io che ho dovuto soffrire tanto? (…) La vita, sai, rende così tremendamente difficile credere nell’innocenza di qualcuno…”
Pagina 347: “I medici non sono al mondo per facilitare la morte, ma per conservare la vita a qualunque prezzo.”
Pagina 357: “sorella non è mai andata bene nella vita, anzi le è andata molto male. Mi è caduto addosso tutto quanto si può immaginare… Non so come me lo sia meritato. Ma ho accettato tutto senza disperare, (…) mi sentivo mai del tutto perduta. Conoscevo un posto, un porto sicuro, per così dire, dov’ero a casa, protetta, dove potevo rifugiarmi davanti a tutte le avversità della vita… (…) Quando eravamo piccoli e giocavamo ad acchiapparci, Tom, c’era sempre una –tana-, un posticino appartato, dove si poteva andare quando si era in pericolo, e dove non si poteva essere presi, ma si stava in pace.”
Pagina 362: “lemuri tremanti e zolle di terra che cadono sulla bara con un tonfo cupo.”
Pagina 363: “il suo cuore era rimasto giovane, non aveva mai cessato e non avrebbe mai cessato di essere capace di sentimenti grandiosi, di nutrire i suoi ideali con calore e fedeltà… Li avrebbe portati con sé nella tomba, sicuro! Ma gli ideali esistono per essere raggiunti e realizzati? Assolutamente no! Non si desiderano le stelle, ma la speranza… oh, la speranza, non il compimento, la speranza è il meglio della vita.”
E’ una grande menzogna, la speranza non è il meglio della vita, è la vita vissuta per ciò che si è realmente. Bisogna essere sinceri con la vita e la vita ci premia. Ci sono momenti di vita che si rimane per un po’ di tempo con il sapore in bocca e il profumo attorno. Anche la solitudine, il silenzio può avere il suo sapore se vissuti con autenticità. Sentire miliardi di microrgasmi sulla pelle in comunione con il Mondo, o con qualcosa che non si ha la piena consapevolezza, altro che speranza. La speranza non è vita, può essere mercanzia per le religioni, per i politici, ma non è vita.
Pagina 366: “tu gli attribuisci, verso di te e verso noi, gli stessi sentimenti che nutri per lui.”
Pagina 367: “Come –appaio- questo conta – e basta! Tutto il resto non riguarda nessuno.”
Questo è un assioma dell’ideologia borghese.
Pagina 374: “lì nessuno poteva vederlo appoggiare la testa tra le mani a rimuginare i suoi pensieri a occhi chiusi;”
Questa frase mi ha ricordato mio padre che quando gli affari in azienda incominciarono ad andare male se ne stava con le braccia appoggiate al bancone e la testa tra le mani, pensieroso.
Pagina 375: “gli procuravano quella sensazione di soddisfazione e di sicurezza con la quale un attore che ha preparato la sua maschera in tutti i dettagli si dirige verso il palcoscenico…”
Il dramma borghese di non essere se stessi e lasciarsi calcare la maschera del ruolo nella società. Come “la maschera di ferro” di Dumas. Soprattutto in questo passo del romanzo, il personaggio ha il condizionamento di un modo di vita che si va delineando, ormai sembra inevitabile il dramma del ‘900.
Pagina 376: “l’impoverimento e la desolazione del suo intimo – una desolazione così forte che si faceva sentire quasi ininterrottamente come un’indefinibile e opprimente pena (…) sostenere la sua parte ad ogni costo (…) una recita faticosa e snervante. (…) piuttosto, semiabbagliato, amava sentirsi la luce negli occhi e la gente, il suo pubblico, vederla davanti a sé come una semplice massa nell’ombra (…) il potere di padroneggiare i muscoli del viso e l’atteggiamento del corpo.”
Pagina 386: “una piacevole vertigine, un leggero stordimento, in cui la coscienza del tempo e dello spazio e di qualsiasi limite sprofonda in tranquilla beatitudine…”
Pagina 387: “mentre tutto lo spazio era pieno di quel sussurro lieve e sublime che parlava al piccolo Johan persuadendolo a chiudere gli occhi con un senso d’immenso appagamento.”
Pagina 390: “il bovindo e le bianche cariatidi”.
Una finestra che sporge ad arco orizzontale con delle bianche statue, figure femminili, che fungono da colonne.
Pagina 394: “L’acqua cheta rovina i ponti.”
Pagina 395: “l’amico della moglie (…) la vera tortura, era il silenzio (…) troppo profondo e inanimato per non destare terrore. (…) era un silenzio cupo, ambiguo, che taceva e sottaceva… (pagina 396) alla musica e all’infinito silenzio che si alternavano lassù.”
Pagina 399: “si rese conto dell’enorme immaturità e impreparazione del suo spirito nei confronti della morte.”
Pagina 400: “Stanco di fissare il vuoto, stanco della solitudine e del silenzio chiudeva ogni tanto gli occhi, per scuotersi di colpo e allontanare da sé quella pace.”
Pagina 400: “il fondamento e solenne diritto di soffrire a causa del mondo, del migliore dei mondi immaginabili, che con ironia gli veniva dimostrato essere peggiore di tutti i mondi possibili.”
Pagina 401: “La morte era una felicità, così grande che si poteva misurarla solo in momenti di grazia (…). Era il ritorno da (pagina 402) un inganno indicibilmente penoso, la correzione di un gravissimo errore, la liberazione dai più avversi legami e barriere… il risarcimento per una deplorevole sciagura. (…) arriva la morte e lo richiama a casa, alla sua libertà… Individualità! (…) Chi, che cosa, come potrei essere se non fossi me stesso, se questa mia persona non mi chiudesse, se non separasse la mia coscienza da tutti coloro che non sono me! L’organismo! Cieca, sconsiderata, deplorevole eruzione dell’incalzante volontà! Meglio, per davvero, che questa volontà si liberi nella notte senza spazio e senza tempo, invece di languire in prigione, appena illuminata da una tremula e vacillante fiammella dell’intelletto! (…) Dove sarò dopo la morte? (…) Sarò in tutti quelli che hanno sempre detto io, che lo dicono e lo diranno: ma specialmente in quelli che dicono più pienamente, più fortemente, più felicemente… (…) uno di quegli uomini la cui vista accresce la felicità dei felici e porta gli infelici alla disperazione: quello è mio figlio. Quello sono io, presto… presto… appena la morte mi libererà dalla miserevole illusione che io non sia tanto lui quanto me stesso… (pagina 403) La morte gli prometteva (il Mondo) in dono per intero. (…) Niente cominciava e niente finiva. Esisteva solo un’infinita presenza, e quella forza dentro di lui, che amava la via con un amore dolce, doloroso, inquietante e nostalgico, di cui la sua persona era solo un’espressione mal riuscita, avrebbe sempre saputo trovare le vie d’accesso a questo presente. (…) imbarazzo per le stravaganze mentali (…) la sua vanità si ribellava: la paura di recitare una parte bizzarra e ridicola.”
Il sentimento della Morte, provato dal personaggio del senatore Thomas Buddenbrook, è molto giovane non è per adulti, bisogna essere in pieno conflitto con il proprio corpo, con il Mondo esterno, ma quanta beata meditazione in questa stupenda pagina di Mann!
Pagina 404: “questa storia poco chiara e un po’ assurda non chiedeva comprensione ma la si doveva solo credere con obbedienza, sarebbe stata a portata di mano quando sarebbero venute le ultime angoscie… sarà così? (…) E dove rimaneva l’anima nel frattempo? (…) Come potevano lasciare gli uomini in questa ignoranza?”
Il sentimento religioso del personaggio e dell’Autore è di ribellione alla dittatura del dubbio e della speranza imposta dalla religione.
Pagina 438: “era fortunato, in quanto la maggior parte degli insegnanti lo lodava volentieri al di là dei suoi meriti, per dimostrare a lui, a se stessi e a gli altri, che la sua bruttezza non li induceva ad essere ingiusti…”
Pagina 440: “Cresciuti nel clima di una patria guerriera, vittoriosa e rinnovata, ostentavano rozzi modi virili. (…) i vizi più spregevoli erano la mollezza e la fatuità.”
Vi è il germoglio di ciò che sarà la Germania nel secolo seguente, è ciò che intendo come sentirsi il secolo addosso. I giovani Hanno e Kai hanno una tenera relazione che preclude ad una certa intimità omosessuale e ciò spaventava i giovani e la società attorno loro. Era un fattore così inconsueto da provare sgomento se non paura. Nel nazismo saranno puniti con la morte, eliminati per la stessa paura. Pagina 441: “sospettavano qualcosa d’impuro e di rivoluzionario (…) persone strane che era meglio lasciar stare…”.
Pagina 442: “adesso erano saliti alla massima dignità i concetti di autorità, dovere, potere, servizio e carriera; l’-imperativo categorico del nostro filosofo Kant- era il vessillo che il dottor Wulicke spiegava minacciosamente in tutti i discorsi ufficiali. La scuola era diventata uno Stato nello Stato, nella quale regnava il rigore prussiano con una tirannide tale che non solo i professori, ma anche gli alunni si consideravano funzionari, aspirando solo alla carriera e quindi ad essere ben visti dai potenti… (…) La personalità del direttore Wulicke ricordava l’atrocità enigmatica, ambigua, ostinata e gelosa del Dio del Vecchio Testamento.”
Pagina 443: “un’estraneità beffarda (…) corpo insegnante (…) una specie di mostro dall’aspetto ripugnante e fantastico.”
Pagina 446: “Essere pigro, oltre che stupido, è veramente troppo…”
Pagina 449: “Petersen si sedette e venne giudicato. Si vide chiaramente il compagno di banco discostarsene. Tutti l’osservavano con un misto di disgusto, compassione e orrore.”
Eppure il suo era un reato comune a tutti quanti in quella classe.
Pagina 449: “Non la voglio proprio, la fortuna: mi fa star male…”
Pagina 450: “Quel miscuglio di misticismo e risolutezza era un po’ sconcertante…”
Pagina 452: “Hanno Buddenbrook era quasi l’unico che il signor Modersohn conoscesse per nome, e se ne serviva per richiamarlo costantemente all’ordine, per dettargli compiti (,) per punizioni e per tiranneggiarlo. Conosceva lo scolaro Buddenbrook solo perché si era distinto dagli altri per la condotta tranquilla, e sfruttava quella mitezza d’animo per fargli sentire quell’autorità che non osava esercitare nei confronti degli studenti sfrondati e spudorati. –Persino la compassione diventa impossibile sulla terra a causa della volgarità- (…) è così, e sarà così sempre e ovunque (…)”.
Pagina 453: “si morsero la lingua, per ossequiosa devozione.”
Pagina 454: “Quando si ha molta paura, allora come per ironia va quasi bene; ma quando non ci si aspetta nulla di male, arriva la sfortuna.”
Pagina 455: “Non so volere.”
Convogliare le proprie energie in una precisa direzione è il primo passo per il successo.
Conclusioni
Vi invito, in maniera risoluta, alla lettura di questa straordinaria Opera di Thomas Mann.